martedì 30 aprile 2013

Mancanze altrui

"Ma mamma, dov'è il bidet in questo bagno?"
"Eh, bella domanda amore. Fuori dall'Italia il bidet non ce l'ha quasi nessuno"
"Ah. E perché?"
"Perchè sono un po' zozzoni e non si lavano il sedere amore" bisbiglia acida lei.
"Ah. E perché?"
In questi giorni i brambillini fanno il bidet nel lavandino, mentre Mamma si è organizzata con la doccia, con tutta la comodità che ne deriva.

"Ma mamma, perchè non tiri giù la serranda?"
"Eh, bella domanda Dede. Pare che fuori dall'Italia non ce l'abbia quasi nessuno"
"Ah. E perché?"
"Devono essere un po' pazzi..."
"Ah. E perché?"
Dove mancano le tapparelle la notte è breve, ecco perché.
Un po' perchè si è a Nord, e il sole tramonta tardi e sorge presto, un po' perchè i tapini si sono dovuti portare dietro Macco, e appena lui vede la luce non ce n'è più per nessuno.
Ma se qualcuno alle 7 del  mattino stesse ancora dormendo, ci pensa il parroco della chiesa accanto a scampanare allegramente e senza tregua per salutare con gioia il giorno fatto.

E poi ci sono le piastre elettriche al posto dei fornelli, perchè il gas nelle case non arriva, ma questo a Dede non interessa. E azzeccare la temperatura è un terno al lotto, visto che anche se abbassi la potenza la piastra rimane rovente, infischiandosene del cibo che brucia.

E Mamma pensa ai suoi bei fornelli, nella sua casa silenziosa con le serrande e il bidet, dove non si è bruciato  mai niente.

lunedì 29 aprile 2013

Il dente

Giovedi sera si era fatta solo la doccia, senza capelli, perchè con quel phon da viaggio impiega ore ad asciugarli e lo fa il meno possibile.
Venerdì Mamma è finalmente andata dal dentista, dopo un'approfondita ricerca su internet: qui ogni dottore viene valutato dai pazienti, un po' come hotel e ristoranti, e in base ai commenti puoi scegliere quello che preferisci.
Mamma ha scelto ovviamente quello col punteggio migliore, e ha attraversato quasi tutta la città per andare da lui. Ad occhio e croce sei minuti di macchina, compresi i semafori.

E' arrivata nello studio dicendo che non aveva poi tanto male, che forse poteva pure andarsene se loro erano impegnati, ma l'hanno fatta rimanere.
Poi ha parlato con l'infermiera e le ha spiegato che aveva dolore da diversi giorni, ma niente di che, in fondo ci resisteva benissimo. Ma neanche lei l'ha fatta andare via.

Dopo aver dato il computer ai bambini nella sala d'attesa, si è seduta in poltrona ad aspettare. Ogni tanto si guardava le mani per vedere se tremassero, ed erano straordinariamente ferme, nonostante la sensazione di panico assoluto. 
Avrei dovuto fare il chirurgo, con delle mani così.
E poi è entrato il carnefice.
Lui.
L'unico, vero e solo dentista della sua vita, ora e sempre. Il Dentista, quello che quasi quasi ti dispiace avere soltanto una trentina di denti, perchè averne il doppio significherebbe doppie visite... insomma, è entrato lui in tutta la sua bellezza e Mamma ha pensato "Ma che cavolo non ho nemmeno lavato i capelli!"
Ha provato ancora a rinviare, ma alla fine il verdetto è stato: togliere il dente del giudizio. Ora o la settimana prossima? Stava già per rispondere l'ovvio, adducendo banalissime scuse di comodo, quando lui ha deciso per lei: ORA, altrimenti ti rovini il weekend.
E' pure sensibile!

E così adesso Mamma ha un dente in meno, ma un sogno d'amore in più.
Per fortuna le ha trovato un altro paio di cariette.
Ma prima, andrà senz'altro a comprare un phon.

venerdì 26 aprile 2013

Karlsruhe

Tre anni fa i brambilli sono partiti da Karlsruhe che sfioriva l'estate, e oggi ci tornano che è un tripudio di primavera e colori.
Karlsruhe è sempre fiorita, ed è incredibile quanto sia bella perfino la periferia più anonima se la vesti di fiori.
A Karlsruhe ogni aiuola è attentamente curata, e disegnano geometrie speciali con tulipani e narcisi e viole dai colori dell'arcobaleno.

A Karlsruhe i bambini la fanno da padrone, e tutto ruota intorno a loro.
Non c'è negoziante che non dia loro un dolcetto, o uno studio medico senza un angolo per farli giocare. Non c'è un parco senza scivoli, nè quartiere senza parchi.
A Karlsruhe dal lavoro si esce alle 16, e le famiglie vanno al parco in bicicletta con mamme e papà superatletici e due-tre-o-quattro figli al seguito con una bandierina attaccata dietro le bici.
"Così le macchine li vedono anche se sono bassi, e ci stanno attente" aveva spiegato Brontolo a una Mamma che non riusciva a credere che qualcuno potesse stare attento ai figli altrui.

A Karlsruhe è vietato suonare il clacson, e questo rende il traffico tutta un'altra cosa.
Se devi uscire da un parcheggio, l'auto appena dietro di te si ferma per farti passare, se devi attraversare ti sorridono e ti fanno cenno con la mano. E se tu attraversi in fretta, bene; se invece il bambino si butta per terra nel bel mezzo della strada in preda a qualche bizza imbarazzante, ti sorridono di comprensione. Tutti. Anche gli sfattoni con tatuaggi e orecchini appesi ad ogni protuberanza del viso.

Ma a Karlsruhe sono pur sempre tedeschi, e Mamma ha spesso paura di sbagliare qualcosa e di finire in prigione. Direttamente e senza passare dal via.
Tipo quando timbra i biglietti del tram e sbaglia direzione: roba da galera. O quando parla al telefonino per strada e teme la multa anche se a piedi. O quando è al supermercato e si ricorda di avere una bottiglietta d'acqua in borsa: le tremano le gambe.
O ogni volta che esce coi bambini, ha il suo chiodo fisso:
"Entschuldigung... una piccola domanda... se Macco pipì fare al parco, è possibile... o polizia?" (traduzione più o meno letteraria del suo elevato eloquio tedesco con la direttrice del residence dove alloggia).

La risata di risposta le ha assicurato che no, non arriva la polizia perchè ai bambini è concesso tutto: "Ci mancherebbe, mia figlia ha fatto perfino ben altro sotto un albero, tirandosi giù tutti i pantaloni!" sembra che abbia detto la donna.
Se poi invece voleva dire: "Ma ci mancherebbe, se vi prendono vi fanno ben altro che la galera, vi legano sotto a un albero, vi tirano giù i pantaloni e vi espongono al pubblico ludibrio", bè... questo lo scopriremo solo vivendo.

mercoledì 24 aprile 2013

Al parco

A vederlo così sembrava proprio un cartone animato, e Mamma ha pensato di fondare il movimento per la liberazione dei bimbi giapponesi dagli stereotipi.
Ma in realtà non era uno stereotipo, era proprio un cartone: giaccone giallo, maglia rossa, zainetto blu, scarponcini imitazione-Timberland e del pantaloni... oh dei pantaloni che non dimentichi più: felpati beige, con una toppa formato gigante attaccata al sedere.
Un po' come quando vai sullo ski-lift e ti metti la rotella sul fondoschiena, solo che lui la rotella ce l'aveva attaccata ai pantaloni, e aveva la faccia nientepopodimenoche di un orsacchiotto di peluche.
Un gigantesco faccione di orsetto appiccicato al sedere di un giapponese di tre anni che andava in giro sotto uno zaino gonfio gonfio, che chissà poi cosa conteneva.
"Ora lo picchia", ha tremato Mamma quando Macco gli si è avvicinato al parco giochi.
"Lo picchia e lo butta giù dal labirinto..." ha valutato in quel frangente, e si è avvicinata giusto in tempo per vedere il suo biondino che abbracciava festoso quel buffissimo pupo appena uscito dai fumetti.
"Per stavolta è andata bene", ha sospirato lei.

Ma i brambilli erano in buona, su di giri per le novità presenti tutte insieme in quel parco delle meraviglie: lo scivolo c'era, ma per raggiungerlo bisognava scalare il castello in muratura con blocchi di pietra a dimensioni reali, reti metalliche per arrampicarsi e scalette di legno per gridare avanti miei prodi.
E un gioco di corde e funi per imparare a fare gli equilibristi, anelli per imparare l'atletica, ragnatele di reti alte fino a sei metri dal suolo per imparare a vincere le vertigini (o in caso di caduta, probabilmente, a volare), un cantiere in miniatura con carrucole per portar su la sabbia e tubi per convogliarla dove si vuole "edificare".
E il labirinto dell'acqua, senza acqua per fortuna, su cui camminare lungo ogni diramazione per imparare l'equilibrio.
"Ma guarda, ci sono ancora i cavallini!" ha esclamato Mamma osservando gli stessi cavalli a molla di tre anni prima.
"Perchè mamma, è strano?" Solo Dede le ha fatto capire la stranezza del suo stupore, lui che non è avvezzo alla breve durata dei giochi per via della sua breve memoria.

Tempo tre minuti e il piccolo era già rotoloni nella sabbia, con Mamma che passava mentalmente in rassegna il guardaroba residuo. Sarà divertente per i bimbi giocare fra la sabbia, ma per chi lava è senz'altro meglio il pulitissimo pavimento molleggiato dei parchi di Milano.
Tempo trenta minuti, e anche il grande lo seguiva a ruota, abbandonando la sua naturale repulsione allo sporco.

Dopo ore di duro lavoro, i tre sono tornati a casa. Non sono ancora pervenuti dati certi su chi fosse più stanco.
Si pensa che quella più alta del trio abbia sfiorato vette di fatica inenarrabili, ma probabilmente soltanto a causa del mal di denti, che dal lontano febbraio ancora non le ha dato mai tregua.

martedì 23 aprile 2013

Il viaggio

"Bambini, guardate le mucche!" indica Mamma dal finestrino.
"Salutate le mucche!" le fa eco Brontolo.
Un coro di acuti "Ciao!" seguito da manine salutanti li fa ridere allegri.

La macchina dei brambilla è passata attraverso campi fioriti di colza, ha ricevuto secchiate d'acqua da cieli pesanti di nubi ed è stata poi asciugata dal sole splendente, mentre i suoi abitanti hanno ammirato le montagne innevate specchiarsi in laghi cupi come il piombo fuso.
Hanno incrociato mucche e capre, pecore e barchette, ammirando senza mai stancarsi un paesaggio così perfetto da sembrare finto.
Si sono infilati nel traforo del San Gottardo che era primavera, e ne sono usciti diciassette chilometri dopo slittando sulla neve.
Hanno infine salutato la splendida Svizzera, l'unico Stato in grado di addomesticare perfino l'erba dei campi, e si sono addentrati nella germanica Foresta Nera, che a tratti lasciava il passo a sterminati campi di fragole.

Quando sono arrivati a destinazione avevano settanta chilometri di troppo all'attivo.
"Che ci vuole, è tutta dritta!" aveva sentenziato lo spavaldo guidatore in quel di Milano.
Poi, uscendo da Milano, ha pagato un casello e due uscite dopo è tornato indietro, pagandolo di nuovo: "Non era questa la strada che dovevo prendere, era quella di sinistra"
Infatti: pagato di nuovo il pedaggio per la strada di sinistra (le superstrade di Milano hanno uno strano concetto del pedaggio, facendoti pagare un prezzo fisso all'ingresso e poi pure all'uscita), hanno ben presto capito che la strada era di nuovo sbagliata, e sono tornati ancora indietro, allo stesso casello per la quarta volta.
Si è poi scoperto che la prima strada era quella giusta.

E sono arrivati qui, al quinti piano di un moderno palazzo tutto finestre, con svariate valigie, tantissimi dinosauri, un bambino che continuava a chiedere perchè parlassero ancora in italiano e un altro arrabbiatissimo e tutto bagnato di pipì.

lunedì 22 aprile 2013

Ode alla vita

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca o colore dei vestiti,
chi non rischia,
chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi evita una passione,
chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni;
emozioni che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti agli errori ed ai sentimenti!
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
chi rinuncia ad inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia e pace in sè stesso.
Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di
gran lunga
maggiore
del semplice fatto di respirare!
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di
una splendida
felicità.
(Martha Medeiros)


Oggi Mamma partirà,
ascoltando musica in macchina,
dando inizio al progetto che accarezzava da tempo,
lasciando indietro le sue certezze,
andando incontro a sconosciuti,
inseguendo sogni,
cercando nuove strade,
cambiando direzione, casa, vita,
con il cuore che batte per la curiosità e l'emozione.

Non si è mai sentita più lontana da quella "morte a piccole dosi" che la stava accarezzando piano piano.

venerdì 19 aprile 2013

Perle di Dede


D: "Ma mamma lo sai che tanto tempo fa la nostra casa non c’era, e qui c’erano invece i dinosauri? E noi eravamo senza casa mamma..."
M: "No tesoro, quando c'erano i dinosauri noi non c’eravamo, non eravamo ancora nati"
D:" Ah. E dove eravamo nati? E dove siete nati voi genitori?"
M:" Siamo nati tutti dalla pancia delle nostre mamme"
D: "Ah. E come si chiama la mamma di papà?"
M: "Si chiama nonna Giulia"
D: "E la mamma tua, mamma?" 
M: "Si chiama nonna Tonia"
D: "Ah, si, conosco anche quella... Mamma? Ti devo dire un’altra cosa"
M: "Amore, basta adesso, questa è l’ultima domanda perchè ora devi dormire" 
D: "Ti voglio bene..."

Dede: "Mamma, ma perché papà è un pigrone?"
Mamma: "Perché è nato pigrone!"
Dede: "E tu? Tu non sei nata?"

Ehm...

giovedì 18 aprile 2013

Scorcio milanese

Il marciapiede non risuona perchè Mamma indossa scarpe di gomma e cammina rapida.
Ha consegnato l'auto al pachistano per il cambio delle gomme stagionali, e deve perdere una mezz'ora prima di tornare a prenderla. Così approfitta per sbrigare delle commissioni e va a consegnare una busta per Brontolo.
Cammina piccina fra palazzi altissimi, e nemmeno li nota. Schiva motorini parcheggiati sui grandi marciapiedi e ogni tanto scende per proseguire in strada, visto che è usanza parcheggiare l'auto sul marciapiede, da queste parti.
Quando la chiamano per ritirare la macchina torna veloce sui suoi passi, e nota un'enorme magnolia giapponese fiorita in un improbabile cortile, rubando spazio al cemento.
Milano è ricchissima di magnolie giapponesi, alberi discreti e invisibili durante tutto l'anno eccetto che in queste settimane, che risplendono di una elegantissima magnificenza.
Questa vista le apre gli occhi, e inizia a vedere.

Si trova a Milano, la metropoli, la tentacolare Milano!
Alla sua destra le alte ciminiere delle Ferrovie dello Stato sbuffano fumo bianco nel grigiore tipico del cielo.
Costeggia muri scrostati che nascondono cortili stipati di spazzatura condominiale, soffocati da palazzi alti, altissimi, di nove, dieci piani.
Ha vissuto anche lei lì un tempo, quando c'era ancora l'anziana affittacamere con il suo gatto impertinente, quando si vestiva colorata per andare a bere la Milano che l'aspettava ai Navigli.

Una curva la conduce in una famosissima strada, che le fa immaginare  una periferia ricoperta di erba, una "casa in mezzo al verde" e ragazzini in pantaloncini e calzettoni che giocano a pallone. Non è da tutti passeggiare sulla via Gluck e sentire fischiare un treno che entra in stazione!
Poi sale in auto e costeggia la ferrovia sopraelevata.
Forse non tutti sanno che sotto i binari della Stazione si apre un mondo precluso ai più.
Tre tunnel aperti al traffico vi si infilano sotto, bui e dall'odore pestilenziale di gas, e sotto ognuno di questi si distinguono a malapena degli enormi portali di ferro a scorrimento, in genere chiusi.
Vederli aperti le crea ogni volta un senso di mistero e disagio assieme: sono corridoi infiniti e fiocamente illuminati, disseminati di pacchi qua e là, che potrebbero tranquillamente essere l'ambientazione di un videogioco infestato di zombie.

La macchina li supera e punta in direzione opposta, si perde nella Milano fatta di scatoloni di cemento, quella imponente e vertiginosa che ti fa sentire minuscolo, quella dove un filo d'erba spuntato accanto ad un tombino ti fa sorridere per il miracolo della vita, quella dove alcuni cartelli ormai sbiaditi e grossi scarabocchi sui muri ricordano un giovane ucciso ingiustamente.
Quella dove le macchine sono parcheggiate in mezzo alla strada e nessuno dice nulla, ma se sei costretta a scendere in strada con un passeggino ti suonano irritati o ti sfiorano incuranti. Quella dove passa un vecchio tram cigolante e i bambini lo accolgono battendo le mani. Quella dove il cartello rosso con una M bianca indica un mondo sotterraneo e un dedalo di metropolitane dall'odore di plastica bruciata.

Mamma vede tutto questo.
Vede una camionetta della Polizia Penitenziaria e si chiede quale grosso malavitoso ci sia a bordo. Passa un'auto blu con i vetri oscurati e sa che dentro potrebbe esserci qualcuno che conosce dai TG. Vede  manifesti di concerti importantissimi che hanno come unica tappa Milano.
Mamma vive in una città importante, impegnativa, iperstimolante.

Ma si rende conto che per carattere non può essere altro che un'estranea in questa città frenetica, una critica spettatrice che le passa attraverso senza godere di quello che offre, una mamma quasi sempre sola che si barcamena fra un parco e l'altro, così tanto brulicanti di gente da non poter perdere di vista i figli neanche per guardare l'ora.

E' una città speciale.
Ma le mancherà?



Mamma si specchia in un noto quadro

Metrò lilla in corsa

Una mostra inaspettata con i suoi allegri colori

Pranzo con imperdibile panzerotto

mercoledì 17 aprile 2013

Mangiare sano

"Che gelato vuoi Mirko?"
"Un ghiacciolo alla menta"
Mamma osserva la famiglia che si avvicina al chiosco dei gelati confezionati e si stupisce per i gusti di quel bambino così piccolo.
"Ma no tesoro, un ghiacciolo alla menta non va bene"
Ambè, pensa Mamma tra sè, mi pareva strano, a tre anni, la menta...
"Un ghiacciolo alla menta non è una merenda. Prendi qualcos'altro" spiega lei.
"Io voglio il ghiacciolo alla menta"
"Ma non è nutriente come merenda... perchè non prendi questo gelato? o quest'altro?" insiste la madre, indicando gelati che vanno dal blu al rosa shocking, la quintessenza del mangiare sano.
"Io voglio il ghiacciolo alla menta" conclude il bambino.

Interviene il padre: "Dai, prendiamoglielo..."
Oh finalmente, pensa Mamma, che non sa mai farsi gli affari suoi e parteggia per il bambino dai gusti così decisi.
"... Magari gli facciamo mangiare anche un pacchetto di patatine, che dici?", bisbiglia poi alla moglie.
Ecco, ora si che è davvero nutriente!

Quando i tre se ne vanno, il bambino stringe tra le mani un ghiacciolo alla fragola.
... FRAGOLA?
Dopo essersi arrovellata a lungo sul motivo della scelta, Mamma ci è finalmente arrivata: quello si che è un bel pieno di vitamine, altro che menta.
Un nutrientissimo compromesso.

martedì 16 aprile 2013

Notizie da oltralpe

Brontolo è arrivato a destinazione sano e salvo, dopo un piacevole viaggio in solitaria fra le splendide montagne svizzere.
"Cavolo, ma lo sai che la benzina in Germania costa 1.40 euro?" è stata la prima cosa che le ha comunicato una volta giunto in terra teutonica.
Poi si è collegato con Skype e le ha mostrato la stanza del residence dove alloggerà per i primi quindici giorni. Dopo, sarà senza tetto fino a data da destinarsi.
"Ok, può andare. Lunedi ti raggiungiamo anche noi, finchè hai una casa" ha comunicato lei.
Ci sarà solo da spostare qualche divano e infilare un paio di letti in più nella stanza che gli hanno assegnato, ma la promiscuità può anche essere piacevole ogni tanto, e Mamma la preferisce senza dubbio allo stazionamento milanese.

O forse è più opportuno dire che Mamma preferisce qualsiasi luogo, allo stazionamento milanese?

Nel frattempo Brontolo deve vedere una casa, aprire il conto in banca, stipulare l'assicurazione medica, cambiare residenza, comunicare il nostro arrivo e sbrigare tutte quelle burocrazie che probabilmente a Milano richiederebbero oltre due mesi di uffici e frustrazioni.

Se va come la volta scorsa, nell'arco di una mattinata riuscirà a concludere tutto.

P.S
Al di qua delle Alpi un treenne si infilava nel lettone alle 4 di notte.
Lo spaparanzo della madre è finito veramente presto...

lunedì 15 aprile 2013

Prime 24 ore

E' vero, è stata lei a dire a Macco, per non fargli pesare la tua assenza, che la sera della partenza si sarebbero consolati con un bel gelato.
Ma non poteva immaginare che lui si sarebbe illuminato tutto esclamando "Allola glielo dicio!" e sarebbe corso da te chiedendoti "Papà patti subito?"
Nè poteva immaginare che quando ha detto loro "Andiamo a salutare papà che parte" loro avrebbero gridato "Evviva, adesso il gelato!", lasciandoti quell'amaro in bocca che in fondo si può pure un po' capire.

E' vero, è stata lei a chiederti di scaricare sul suo hard disk tutte le puntate della serie tv che state seguendo di recente , ma non poteva immaginare il brivido che si prova a sdraiarsi da soli tutti spaparanzati sul lettone e accendere la tv quando ne hai voglia, ma soprattutto a non accenderla proprio e addormentarsi beatamente alle 21.40.

E' vero, la casa era un disastro dopo la tua partenza, e Mamma ha seriamente pensato di sistemare tutto con calma il lunedi mattina. Ma senza controlli e senza impegni, il gusto di avere qualcosa da fare e non farla affatto fa splendere il sole ancora più giallo questa mattina.

Brontolo, ormai sei lontano e tutto è cominciato.
La tua partenza, attesa con ansie e bruciori di stomaco per una settimana intera, alla fine è arrivata e Mamma può finalmente smettere di temerla.
Nonostante le apparenze, il sorriso di Macco quando ti ha visto su Skype e la telefonata di Dede che non telefona mai, la dicono lunga sui loro sentimenti.

Mamma, dal canto suo, si è messa ad aspettare il seguito, perchè lei vive sempre in attesa di qualcosa.
Ma questa volta l'attesa sarà gioiosa, e può iniziare a dire che mancano solo quattro giorni a venerdì!

venerdì 12 aprile 2013

Paranoica a me?

"Allora ciao amore, ti vengo a prendere presto. Divertiti!"
Come ogni giorno si sono salutati così all'asilo, Mamma e Dede.
Allontanandosi dalla classe, Mamma sente la maestra dire che ci sarà solo lei all'ora di pranzo, e click, qualcosa scatta dentro il suo cervelletto.

Scende le scale per uscire, ma ad ogni scalino un macigno le si posa grave sullo stomaco.
Deve fare qualcosa, ne va della sua vita! Deve fare assolutamente qualcosa per evitare che accada il peggio... Ma cosa?
"Quasi quasi prendo Dede e lo riporto a casa", pensa fermandosi a metà scala, in preda ad un'oscurissima preoccupazione.
Riprende a scendere le scale tormentata dai dubbi, agghiacciata da un terribile presentimento, e arrivata davanti all'uscita la soluzione si affaccia in un lampo.

Toc toc. Bussa alla guardiola ed entra per parlare con le due commesse all'ingresso.
Si gioca il tutto e per tutto, deve assolutamente salvare suo figlio dal pericolo imminente!
"Avete mai visto un bambino che soffoca? Si mette le mani alla gola così e diventa tutto rosso. Ecco, dovesse succedere una cosa del genere, ci si deve comportare così"
Mamma si inginocchia e mima il primo soccorso in caso di occlusione delle vie aeree.
Le due donne la guardano incredule e pensano che sia completamente pazza (come se vedere una tizia irrompere nel tuo ufficio e inginocchiarsi per terra a menar colpi all'aria non sia mai capitato a nessuno... suvvia!).

Lei si alza e se ne va rilassata, concentrando finalmente il pensiero su cose positive.
La pazzia è tutta un'altra cosa, vero? Eh? Vero, si?

giovedì 11 aprile 2013

Perle di Macco


"Macco, che stai facendo? Chi ti ha dato il permesso di aprire il mio computer?"
"Tu mamma" risponde lui guardando un video di dinosauri.
"Mh. Non credo proprio. Chiudilo subito e andiamo a lavarci"
"Non è coppa mia mamma... è tato dinosaulo! Io devo vedello tuttissimo adesso"

"Posso due caamelle, papà?"
"No Macco"
"Allola lo dicio alla mamma. Mamma posso due?"
"No amore!"
Senza fare una piega, Macco trotterella felice dal padre:
"Ha detto dddue!"

Mamma dovrebbe imparare ad essere più chiara o qui qualcuno la sa già molto lunga?

mercoledì 10 aprile 2013

E poi?

Cosa faranno se Brontolo non trova una casa per raggiungerlo presto?
E come sarà la nuova casa?
Come saranno i vicini?
Come sarà chiamare "casa" un posto così lontano?
Come sarà per i bambini l'impatto con una lingua incomprensibile?
Come sarà vivere in un posto dove piove tutti i giorni, anche in quelli di sole?
Come sarà essere guardata come un'emigrante, e a volte appena tollerata?
Come sarà svuotare la tua dolce casa, e sapere che da domani qualcuno starà a mollo nella tua vasca da bagno?
Come sarà non avere più i soliti visi attorno, che rendono la quotidianità così rassicurante?
E come sarà allontanarsi per l'ennesima volta dagli amici più cari?

Mamma ha i pensieri costellati di piccole domande (l'ignoto ha un suo fascino perverso), ma è ancora tranquilla.
Brontolo parte fra quattro giorni e non hanno ancora preparato nemmeno una valigia.

martedì 9 aprile 2013

Tempus fugit...

Questa bella stagione non vuole proprio arrivare.
Piove, e le margherite non si aprono da giorni.
L'umore è nero, il sole si nasconde, e quando fa così le manca la vitalità.
Ha tirato di nuovo fuori perfino i maglioni di lana, riposti in una giornata di ottimismo.

Poi per caso Mamma guarda la foto di un'amica lontana con in braccio la sua piccola.
Francesca ha si e no due mesi e fa le smorfie all'obiettivo, mentre la sua giovane mamma la stringe luminosa.
E la foto dopo: Francesca e la mamma sono insieme in riva al mare, e questa volta è la figlia che stringe la mamma. Una splendida sedicenne che sorride senza paura al tempo che passa, accanto a una madre un po' meno giovane.

Il tempo passa inesorabile, e Mamma non si sente a suo agio.
Ha paura di perdersi qualcosa, di non godersi tutto fino in fondo, e di arrivare un giorno a pentirsi di non aver assaporato ogni momento per quello che meritava.
Un giorno anche i suoi cuccioli avranno sedici anni, anche loro strilleranno che questa famiglia è uno schifo, e probabilmente le rinfacceranno che non li ama abbastanza.

-Loro, che non possono capire cosa significhi amare pazzescamente il proprio figlio-

Anche loro sbatteranno la porta, la faranno piangere, la deluderanno, e saranno delusi a loro volta dalla scoperta delle sue imperfezioni.
Un giorno avrà nostalgia di quella manina perennemente infilata nella sua maglia, e ora che sono così belli e così perfetti vorrebbe goderseli più che può.

"Bambini miei, venite qui, abbracciatemi forte".
I piccoli ridono per questo gioco e la riempiono di baci.
"Tesori miei, vorrei tenervi sempre con me, vorrei avervi così per sempre, lo sapete?"
"Mamma, io vojo tale semple dentlo tua pancia!" esclama con il broncino Macco.
"Anche io, anche io mamma!" gli fa eco Dede sfarfallando con le mani.
Lei sorride: senza volerlo hanno colto perfettamente il senso di tutto.
"Anche io vorrei tenervi sempre dentro la mia pancia, ma non si può, sapete?
Andate ora, correte a giocare, su!" e la mano li accarezza mentre le sfuggono allegri.

Rimane inginocchiata sul pavimento.
Fuori piove ancora.

lunedì 8 aprile 2013

Quisquilie

Tony, il mitico filippino "vengo sgiuedì", le ha buttato nella spazzatura un'intera tazza di zucchero appena preparato per fare la pasta di zucchero.
Lei l'ha quasi sbranato.

Brontolo le ha buttato via una tazzina di colla alimentare appena preparata per assemblare i pupazzetti per la torta di Marco (solita iper-efficienza).
Lei ha quasi chiesto il divorzio.

Dede è andato a prendere un libro quando lei era già sdraiata e pronta per le coccole pre-nanna.
Lei lo ha così tanto sgridato che il poveretto ha pianto per oltre dieci minuti.

Macco ha risposto "no" forse una volta di troppo.
Lei l'ha mollato lì dov'era e si è chiusa in camera a chiave, stesa sul letto, mentre il tapino appeso alla maniglia strillava da fuori, ignorato, "Cusa mamma, ho capito, ho capito!"

Brontolo parte fra sei giorni, e lei è tranquillissima.
Tutto è perfettamente sotto controllo.

venerdì 5 aprile 2013

Maschi

"Ciao Dede" saltellava Gegècaca al nostro ritorno dalle vacanze in montagna: "guarda un po' cosa c'è per te!"
La bambina aveva in mano una bustina di carta piegata a mano, con dentro dei foglietti.
"C'è un disegno anche per te Rachele, uno per lui e uno per te. Non lo prendi Dede?" incalzava di fronte al riottoso amichetto.
"Ma non vedi che ho le mani impegnate?" ha risposto lui imbronciato.

"Ma Dede! Te li tengo io i pupazzi, prendi il disegno che ti ha preparato Gegècaca!" ha esclamato irritata Mamma.
"No mamma, aprilo tu per favore"
Mamma ha aperto la bustina artigianale con la bambina accanto sempre più emozionata ed impaziente, e dentro ha trovato due disegni ben piegati: un fiorellino rosso con la dedica per Mamma, e un fiorellino viola con la dedica per Dede.
Tante feste e tanti complimenti da parte della prima, silenzio e indifferenza da parte del secondo.

"Allora? Ti piace Dede? Eh? Dì! Hai visto? Ti piace? Eh? Eh?"
La discrezione non è ancora l'arte di Gegècaca, ma avrà tempo per imparare ad essere un po' più sostenuta. "Hai visto che ho scritto i nostri nomi? E ti ho disegnato una margherita"
Finalmente Dede si degna di rispondere: "Ma cosa dici. Quella non è una margherita. E' una viola, scusa, è viola!"

Mamma, creatrice di tanta mostritudine, ha pensato al modo più indolore per metterci una pezza, e al modo più incisivo per eliminare definitivamente dal suo genoma quelle Y di troppo per essere perfetto.
Ma lei l'ha preceduto ridendo e saltellando "Oh, che sciocca, hai ragione!" e battendosi la manina sulla fronte ha concluso "Hai ragione Dede, ho sbagliato, hihi, che sbadata hai proprio ragione tu, quella è una viola"
Quella mattina Mamma è uscita dall'asilo con la fronte corrugata e incerta sul da farsi, conscia che i maschi sono bruti anche quando sono piccoli e carucci, e decisa più che mai a modificare l'andazzo.

Sono passati diversi giorni, e eri sera Mamma ha deciso di cimentarsi in un'impresa titanica: fare ordine in casa (un minimo per lo meno, senza esagerare s'intende).
Ha preso alcuni disegni di Dede che stazionavano in cucina da giorni e glieli ha posati sul letto, compresi i disegnini incriminati.
Lui non li ricordava nemmeno.
Dopo la spiegazione, in bagno mentre faceva la pipì, le ha chiesto con una semplicità quasi disarmante: "Una viola! Ma perchè mi ha disegnato una viola? non poteva farmi una macchinina?!"
Nessuno racconterà mai a Gegècaca questa conversazione: che resti nell'illusione di un amichetto dolce e sensibile.

Ma decisamente maschi si nasce.

giovedì 4 aprile 2013

Teddy pancia moscia

Sono stati mesi di domande, sono stati mesi di nostalgia e sogni bislacchi.
"Ti ricordi mamma quando c'era Teddy con la pancia moscia?"
"Mamma, ma secondo te dov'è ora Teddy? E perchè lo abbiamo perso?"
Sono stati mesi di solitudine per il piccolo Dede che ha perso il suo amico, e per colmarne il vuoto ha perfino tirato fuori dall'armadio Mia Piccola, la bambola di pezza che assemblò Mamma e gli regalò il giorno della nascita del fratellino.

Dopo una partenza in sordina, la nostalgia ha iniziato a farsi sentire e ogni tanto, dal nulla, Dede se ne usciva con domande e racconti di sogni notturni, a cui seguiva sempre la medesima risposta: "Teddy l'avevi portato al parco giochi con gli scivoli, ti ricordi? Poi l'hai tirato giù da uno scivolo e qualche bambino deve averlo preso perchè non l'hai più ritrovato..."
"E adesso non lo troveremo più vero mamma?" concludeva lui con gli occhi pieni di speranza, chiedendo un incoraggiamento.
Mamma non l'ha mai privato di quella speranza, fiduciosa lei per prima che presto o tardi Teddy sarebbe spuntato fuori.

E poi un giorno un'amica cara, carissima, ha pubblicato sulla sua bacheca di Facebook la foto di Teddy.
E una sua amica dolce, dolcissima, ha risposto.
Esisteva un altro Teddy da qualche parte, non troppo distante da Villa Delirio, e la sua famiglia era disposta a donarlo a Dede semplicemente in cambio del sorriso del bambino!

Sono passati giorni, e poi settimane, e i brambilla sono tornati per Pasqua a Villa Delirio.
Teddy li aspettava nascosto in un sacchetto, finalmente consegnato nelle mani di nonno Buno dopo svariati tentativi falliti.
Si era mobilitata lei, Lavinia, si era mobilitata la polizia nella persona di suo marito, si era mobilitato il tribunale, si era mobilitata una praticante avvocato nella persona di Giovanna, e finalmente Teddy era planato a Villa Delirio.
Mamma, che teneva le fila da lontano, non poteva credere ai suoi occhi quando lo ha avuto fra le mani, e fremeva d'impazienza.
Ma solo l'indomani, mentre Dede giocava in un'altra stanza, Teddy è stato posato sul cuscino del suo letto, senza dirgli nulla.

Arrivato sulla porta, Dede gli è corso incontro senza dire una parola.
Difficile dire che cosa gli sia passato per la mente, ma è corso al letto gettando in aria il pupazzetto che aveva fra le mani, e ha preso Teddy in braccio guardandolo incredulo.
Poi l'ha posato sul letto in silenzio e si è allontanato, voltandosi indietro solo in fondo alla stanza per verificare di non aver sognato.

A quel punto è intervenuta Mamma: "Amore, ma è tornato Teddy, hai visto?"
Gli doveva una spiegazione, mentre lui correva a riprendersi Teddy con un sorriso che non riusciva più a contenere.
"Il tuo Teddy tesoro! Ti ricordi i cartelli che abbiamo messo in giro per cercarlo? Una signora che si chiama Lavinia lo ha trovato e mi ha subito chiamato. Lo ha curato, lavato e sistemato mentre lui stava da lei, è per questo che ha il naso nuovo, vedi?"
"Si, il naso di prima si muoveva e invece adesso è sistemato perchè Lavinia me lo ha curato, vero mamma?"
Mamma lo ha abbracciato e gli ha chiesto soltanto "Sei contento amore?"

"Mamma, sono felicissimo... e ora non lo perdo più, te lo prometto"

E mentre Dede è di là a giocare, con l'amico ritrovato sotto un braccio, e da cui non si è separato nemmeno per un istante, Mamma col cuore pieno di gioia ringrazia Lavinia per il bellissimo regalo che ci ha fatto, e la buona sorte che ce l'ha fatta incontrare.

mercoledì 3 aprile 2013

Delirante Pasqua

In una normalissima mattina pasquale:

uno zio adorato telefonava dal Brasile per fare gli auguri via skype, mentre gli invitati al pranzo si presentavano davanti al monitor per salutare gli accaldati parenti in calzoncini e maglietta, con il rumore del frullatore e le urla dei bambini di sottofondo;
mentre Mamma parlava al pc, qualcuno arrivava saltellando gridando "Mamma, mamma ho sputacchiato il mio catarro!";
qualcun altro infilava la mano nella maglia della medesima madre, con un gesto che si è ripetuto uguale a se stesso per tutto il resto della giornata;
qualcuna buttava giù appena sei chili di orecchiette chiedendosi se fossero sufficienti, mentre qualcun altro rompeva l'uovo di Pasqua sullo stesso tavolo degli antipasti ai würstel, divenuti per l'occasione un esotico mix würstel-cioccolato;
qualcuno tornava dalla madre gridando "Mamma, Macco ha buttato il puzzle sul mio catarro sputacchiato!", mentre l'interpellata accorreva inorridita per cercare l'oggetto di tanto accalorato gridare, una volta appurato che non si trovava avvolto in un fazzoletto;
uno zio molto spiritoso regalava al nipote un coniglio di cioccolata munito di pistola, giusto per assecondare la spiccata sensibilità del minore;
incuranti di quanto accadeva attorno, una coppia di cognati mesceva vino e se lo serviva a vicenda, con il gesto che si è ripetuto per tutto il resto del pranzo;
qualcuno sfuggito al materno controllo addentava la punta di un uovo di cioccolata più grande del suo viso, e subito dopo infilava la manina nella maglia della madre per farsi consolare dal rimprovero.

Poi la numerosa famiglia si è seduta a tavola, e per un momento si è gustata una parvenza di quiete.
Per un momento.
Perchè la decana di casa ha avuto l'idea di far pranzare i bambini in anticipo.
E una volta spazzolato il pranzo ("Buon appetito piatto pulito!"), addio pace.
Per le orecchie, per le gambe, ma soprattutto per la bistrattata Tatta di Mammà.

martedì 2 aprile 2013

A Marchino

A te che sei spiritoso, vivace e sorridente, ma anche permaloso, piagnone e perennemente insonne.
A te che non tolleri che qualcun altro possa toccare la tua mamma-tutta-tua.
A te che sei disposto ad accapigliarti con tuo cugino per difendermi da un'accusa terribilmente infamante come un "sei brutta".
A te che mi ci è voluto del tempo per amarti visceralmente e profondamente, ma ora non ne posso più fare a meno.
A te che sei da sempre nei "terribili due anni", e ormai sono sicura che non ne usciremo mai.
A te che mi sei mancato dal primo minuto di vita, quando non eri più nel mio pancione svuotato e tremavo di freddo chiedendo a tutti dove fossi finito.
A te che ancora la sento quella nostalgia, e non smetterei mai di tenerti abbracciato.
A te che mi sembri un capolavoro di perfezione e bellezza.
A te che spesso e volentieri non ti sopporto e mi fai desiderare di essere altrove, ma in un altrove molto molto lontano.
A te che mi hai fatto innamorare perdutamente, con i tuoi modi accattivanti e civettuoli.
A te che sei il mio amore per sempre.

Auguri, tesoro mio grande.


("Mamma sono glande io?"
"Si amore, stai diventando grande!"
"No mamma, io sono piccolo"
"Davvero? Non vuoi essere grande?"
"No io vojo essele piccolo"
"D'accordo,  ma perchè?
"Pecchè vojo la tatta io")